Hľadaný výraz: Sk 25-26, Preklad: Talianský - Riveduta, Počet výsledkov: 2
| 1 Festo dunque, essendo giunto nella sua provincia, tre giorni dopo salì da Cesarea a Gerusalemme. 2 E i capi sacerdoti e i principali de’ Giudei gli presentarono le loro accuse contro a Paolo; 3 e lo pregavano, chiedendo per favore contro a lui, che lo facesse venire a Gerusalemme. Essi intanto avrebbero posto insidie per ucciderlo per via. 4 Festo allora rispose che Paolo era custodito a Cesarea, e che egli stesso dovea partir presto. 5 Quelli dunque di voi, diss’egli, che possono, scendano meco; e se v’è in quest’uomo qualche colpa, lo accusino. 6 Rimasto presso di loro non più di otto o dieci giorni, discese in Cesarea; e il giorno seguente, postosi a sedere in tribunale, comandò che Paolo gli fosse menato dinanzi. 7 E com’egli fu giunto, i Giudei che eran discesi da Gerusalemme, gli furono attorno, portando contro lui molte e gravi accuse, che non potevano provare; mentre Paolo diceva a sua difesa: 8 Io non ho peccato né contro la legge de’ Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare. 9 Ma Festo, volendo far cosa grata ai Giudei, disse a Paolo: Vuoi tu salire a Gerusalemme ed esser quivi giudicato davanti a me intorno a queste cose? 10 Ma Paolo rispose: Io sto qui dinanzi al tribunale di Cesare, ove debbo esser giudicato; io non ho fatto torto alcuno ai Giudei, come anche tu sai molto bene. 11 Se dunque sono colpevole e ho commesso cosa degna di morte, non ricuso di morire; ma se nelle cose delle quali costoro mi accusano non c’è nulla di vero, nessuno mi può consegnare per favore nelle loro mani. Io mi appello a Cesare. 12 Allora Festo, dopo aver conferito col consiglio, rispose: Tu ti sei appellato a Cesare; a Cesare andrai. 13 E dopo alquanti giorni il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea, per salutar Festo. 14 E trattenendosi essi quivi per molti giorni, Festo raccontò al re il caso di Paolo, dicendo: V’è qui un uomo che è stato lasciato prigione da Felice, contro il quale, 15 quando fui a Gerusalemme, i capi sacerdoti e gli anziani de’ Giudei mi sporsero querela, chiedendomi di condannarlo. 16 Risposi loro che non è usanza de’ Romani di consegnare alcuno, prima che l’accusato abbia avuto gli accusatori a faccia, e gli sia stato dato modo di difendersi dall’accusa. 17 Essendo eglino dunque venuti qua, io, senza indugio, il giorno seguente, sedetti in tribunale, e comandai che quell’uomo mi fosse menato dinanzi. 18 I suoi accusatori però, presentatisi, non gli imputavano alcuna delle male azioni che io supponevo; 19 ma aveano contro lui certe questioni intorno alla propria religione e intorno a un certo Gesù morto, che Paolo affermava esser vivente. 20 Ed io, stando in dubbio sul come procedere in queste cose, gli dissi se voleva andare a Gerusalemme, e quivi esser giudicato intorno a queste cose. 21 Ma avendo Paolo interposto appello per esser riserbato al giudizio dell’imperatore, io comandai che fosse custodito, finché lo mandassi a Cesare. 22 E Agrippa disse a Festo: Anch’io vorrei udir cotesto uomo. Ed egli rispose: Domani l’udrai. 23 Il giorno seguente dunque, essendo venuti Agrippa e Berenice con molta pompa, ed entrati nella sala d’udienza coi tribuni e coi principali della città, Paolo, per ordine di Festo, fu menato quivi. 24 E Festo disse: Re Agrippa, e voi tutti che siete qui presenti con noi, voi vedete quest’uomo, a proposito del quale tutta la moltitudine de’ Giudei s’è rivolta a me, e in Gerusalemme e qui, gridando che non deve viver più oltre. 25 Io però non ho trovato che avesse fatto cosa alcuna degna di morte, ed essendosi egli stesso appellato all’imperatore, ho deliberato di mandarglielo. 26 E siccome non ho nulla di certo da scriverne al mio signore, l’ho menato qui davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa, affinché, dopo esame, io abbia qualcosa da scrivere. 27 Perché non mi par cosa ragionevole mandare un prigioniero, senza notificar le accuse che gli son mosse contro. |
| 1 E Agrippa disse a Paolo: T’è permesso parlare a tua difesa. Allora Paolo, distesa la mano, disse a sua difesa: 2 Re Agrippa, io mi reputo felice di dovermi oggi scolpare dinanzi a te di tutte le cose delle quali sono accusato dai Giudei, 3 principalmente perché tu hai conoscenza di tutti i riti e di tutte le questioni che son fra i Giudei; perciò ti prego di ascoltarmi pazientemente. 4 Quale sia stato il mio modo di vivere dalla mia giovinezza, fin dal principio trascorsa in mezzo alla mia nazione e in Gerusalemme, tutti i Giudei lo sanno, 5 poiché mi hanno conosciuto fin d’allora, e sanno, se pur vogliono renderne testimonianza, che, secondo la più rigida setta della nostra religione, son vissuto Fariseo. 6 E ora son chiamato in giudizio per la speranza della promessa fatta da Dio ai nostri padri; 7 della qual promessa le nostre dodici tribù, che servono con fervore a Dio notte e giorno, sperano di vedere il compimento. E per questa speranza, o re, io sono accusato dai Giudei! 8 Perché mai si giudica da voi cosa incredibile che Dio risusciti i morti? 9 Quant’è a me, avevo sì pensato anch’io di dover fare molte cose contro il nome di Gesù il Nazareno. 10 E questo difatti feci a Gerusalemme; e avutane facoltà dai capi sacerdoti serrai nelle prigioni molti de’ santi; e quando erano messi a morte, io detti il mio voto. 11 E spesse volte, per tutte le sinagoghe, li costrinsi con pene a bestemmiare; e infuriato oltremodo contro di loro, li perseguitai fino nelle città straniere. 12 Il che facendo, come andavo a Damasco con potere e commissione de’ capi sacerdoti, 13 io vidi, o re, per cammino a mezzo giorno, una luce dal cielo, più risplendente del sole, la quale lampeggiò intorno a me ed a coloro che viaggiavan meco. 14 Ed essendo noi tutti caduti in terra, udii una voce che mi disse in lingua ebraica: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ei t’è duro ricalcitrar contro gli stimoli. 15 E io dissi: Chi sei tu, Signore? E il Signore rispose: Io son Gesù, che tu perseguiti. 16 Ma lèvati, e sta’ in piè; perché per questo ti sono apparito: per stabilirti ministro e testimone delle cose che tu hai vedute, e di quelle per le quali ti apparirò ancora, 17 liberandoti da questo popolo e dai Gentili, ai quali io ti mando 18 per aprir loro gli occhi, onde si convertano dalle tenebre alla luce e dalla podestà di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, la remissione dei peccati e la loro parte d’eredità fra i santificati. 19 Perciò, o re Agrippa, io non sono stato disubbidiente alla celeste visione; 20 ma, prima a que’ di Damasco, poi a Gerusalemme e per tutto il paese della Giudea e ai Gentili, ho annunziato che si ravveggano e si convertano a Dio, facendo opere degne del ravvedimento. 21 Per questo i Giudei, avendomi preso nel tempio, tentavano d’uccidermi. 22 Ma per l’aiuto che vien da Dio, son durato fino a questo giorno, rendendo testimonianza a piccoli e a grandi, non dicendo nulla all’infuori di quello che i profeti e Mosè hanno detto dover avvenire, cioè: 23 che il Cristo soffrirebbe, e che egli, il primo a risuscitar dai morti, annunzierebbe la luce al popolo ed ai Gentili. 24 Or mentre ei diceva queste cose a sua difesa, Festo disse ad alta voce: Paolo, tu vaneggi; la molta dottrina ti mette fuor di senno. 25 Ma Paolo disse: Io non vaneggio, eccellentissimo Festo; ma pronunzio parole di verità, e di buon senno. 26 Poiché il re, al quale io parlo con franchezza, conosce queste cose; perché son persuaso che nessuna di esse gli è occulta; poiché questo non è stato fatto in un cantuccio. 27 O re Agrippa, credi tu ai profeti? Io so che tu ci credi. 28 E Agrippa disse a Paolo: Per poco non mi persuadi a diventar cristiano. 29 E Paolo: Piacesse a Dio che per poco o per molto, non solamente tu, ma anche tutti quelli che oggi m’ascoltano, diventaste tali, quale sono io, all’infuori di questi legami. 30 Allora il re si alzò, e con lui il governatore, Berenice, e quanti sedevano con loro; 31 e ritiratisi in disparte, parlavano gli uni agli altri, dicendo: Quest’uomo non fa nulla che meriti morte o prigione. 32 E Agrippa disse a Festo: Quest’uomo poteva esser liberato, se non si fosse appellato a Cesare. |






